“Il lupo” di Garry Marvin

Il primo libro che provai a scrivere aveva come protagonista un lupo. Feci portare da papà il vecchio computer a casa dei nonni, dove trascorrevo praticamente la mia intera esistenza, e lo feci posizionare in soggiorno. Battevo sulla tastiera per giornate intere e non mi discostavo da lì nemmeno quando venivano le amiche della nonna a farle visita. Ero completamente assorbito dalle descrizioni del lupo e della palude dove avevo deciso di recluderlo.

Il lupo del mio racconto era in realtà l’antagonista, il cattivo, mentre il protagonista era un ragazzino – io, per intenderci – che per nessun buon motivo, di notte, amava esplorare la palude. Le sembianze del mostro erano quelle di un lupo, ma la statura era almeno il doppio e l’intelligenza quella umana; poteva essere un licantropo anche se non avevo previsto la sua trasformazione.

Ben abbindolato dai racconti sulla figura del lupo, “il lupo cattivo” che mangia i bambini, o le nonne! come in Cappuccetto Rosso, il lupo che mangia il bestiame dei pastori, quell'”al lupo! al lupo!” che impone prima il terrore e poi l’indifferenza del richiamo, sono stato spinto ovviamente a delineare cattivo anche il mio lupo.

Ma perché il lupo ha avuto sempre questa fama di essere cattivo, spregevole, subdolo? Garry Marvin, dopo il capitolo introduttivo del saggio “Il lupo” intitolato Canis lupus specificatamente scientifico sull’animale, ce lo racconta nel capitolo Lupofobia.

Bisogna risalire tra i 10.000 e i 6000 anni fa, quando l’uomo iniziò la domesticazione di pecore e capre, prede naturali del lupo che lo mise quindi a stretto contatto con i pastori, e facendo così nascere l’odio in quest’ultimi. A formalizzare questo nuovo rapporto negativo uomo-lupo e le preoccupazioni quotidiane di cui i proprietari di greggi erano investiti fu Esopo che creò una serie di favole morali sui lupi; la più famosa è quella che ho sopra menzionato del grido al lupo al lupo.

Fu però Gesù che sancì la definitiva visione cattiva del lupo. Nel nuovo testamento il lupo viene utilizzato come l’incarnazione dei pericoli morali, religiosi e fisici ai quali i destinatari delle predicazioni di Gesù erano soggetti. Gesù, infatti, parla del suo rapporto con chi lo segue usando la metafora del vero pastore, sempre vigile e protettivo nei confronti del gregge e garante della sicurezza dal possibile attacco dei lupi. Questa metafora trae ispirazione dall’economia e dalla cultura dell’epoca basata sulla pastorizia – le greggi, infatti, avevano un valore enorme. Gesù, però, ne raddoppia il portato pauroso quando avverte i suoi discepoli che arriveranno anche dei “falsi profeti” in veste di pecore, ma dentro con l’anima di lupi rapaci; questo rende il lupo una creatura non solo famelica, ma anche dalle intenzioni malvagie e pericolose, aiutando a costruire, così, un forte e negativo immaginario sul lupo che per secoli ne legittimerà la persecuzione.

Virgilio nelle “Bucoliche” racconta di un essere umano che si trasforma volontariamente in un lupo e profana tombe. Un certo Charles Perrault, nel 1697, scrive la storia di una bambina che incontra il lupo cattivo nel bosco. E poi ci chiediamo perchè questo animale è condannato per sempre al mondo sinistro.

Il capitolo Lupofobia è estremamente interessante ed è, probabilmente, quello che coinvolge maggiormente perché dà una spiegazione a una ormai radicata convinzione: il lupo è cattivo. È anche il capitolo che ci permette di comprendere il successivo, Lupicidio, e a viverlo con enorme interdizione e incredulità. Garry Marvin ci narra le prime stragi di lupi avvenute a opera di Carlo Magno che fondò nell’812 la Louveterie (istituzione elitaria preposta all’abbattimento dei lupi) per condurci ad assistere alla quasi completa estinzione di questi animali, tra il 1900 e il 1950.

Garry Marvin fortunatamente conclude il saggio “Il lupo” con il capitolo Lupofilia in cui ci racconta la rivalutazione del lupo avvenuta negli ultimi anni, sia come animale che come figura dell’immaginario umano. Adesso il lupo è l’icona della wilderness, della natura selvaggia, intesa non soltanto come natura incontaminata, non addomesticata, ma anche come ricerca della libertà interiore.

“Il lupo” è un volume ben strutturato che riesce a inquadrare questo animale su vari aspetti, permettendo anche ai non esperti di zoologia di poter appassionarsi e a non avere difficoltà nell’osservarlo in alcune delle sue sfaccettature, scientifiche, folcloristiche, storiche e letterarie. A voler essere un pò pignolo, amante e divoratore quale sono di documentari sugli animali, avrei preferito un primo capitolo Canis Lupus più corposo, quindi con maggiore attenzione all’aspetto prettamente scientifico e naturale; per il resto “Il lupo” è un saggio illuminante e godibile.

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