“Essere lupo” di Kerstin Ekman

Non ho ancora settant’anni come Ulf, il protagonista di “Essere lupo” di Kerstin Ekman, né tantomeno ho avvistato un lupo. Eppure sono in quella fase della vita in cui ho iniziato a riflettere sul mio rapporto con il tempo, con la natura e, soprattutto, con ciò che sono diventato. Spesso mi sorprendo di quanto io sia cambiato e di come i dati di fatto si siano sgretolati per mutarsi.

Ulf è un ex ispettore forestale e cacciatore, vive in un piccolo villaggio nei boschi della Svezia e ha appena compiuto settant’anni, quando, durante una solitaria battuta di caccia, avvista un grosso esemplare di lupo maschio, che battezza “Zampalunga”. Alla vista del lupo, Ulf non prova paura: è ipnotizzato dall’animale e, in quel preciso momento, qualcosa dentro di lui cambia.

Il lupo diventa lo specchio interiore di Ulf. Di fronte a quell’animale libero e selvatico, è costretto a fare i conti con se stesso, con la propria vita, con la vecchiaia e con il senso di inutilità che sente crescere, soprattutto dopo essere andato in pensione e aver visto i suoi ruoli apicali, sia lavorativi che come capocaccia, rimpiazzati da un uomo per cui non prova molta stima. Il lupo dà il via al percorso di consapevolezza del proprio ruolo nel mondo, soprattutto quando ci si avvicina alla fine.

Tra le riflessioni, quella più profonda riguarda inevitabilmente il suo legame con la natura. Per tutta la vita, Ulf è stato sì il custode del bosco, colui che verificava il rispetto delle leggi per evitare la sua distruzione, ma anche un ottimo cacciatore. Con la nuova consapevolezza capisce che la natura, il suo bosco, non è una risorsa da sfruttare, ma qualcosa di sacro da rispettare. Questo cambiamento lo allontana dagli altri abitanti del villaggio, soprattutto dai suoi “amici” cacciatori che sparano indefessamente agli animali. Si aliena.

Intorno a Ulf, Kerstin Ekman ricrea un paesaggio bianco, malinconico e selvaggio: la foresta nordica, il gelo, i silenzi. In questa lentezza invernale, a questa formazione tardiva del protagonista si affianca quella prematura dell’io lettore, che prova a rimodellare la propria percezione del contatto profondo con il selvatico. Un romanzo silenzioso, primordiale, che spinge a fare un passo in più nel fitto della propria foresta interiore.

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
“Tokyo Sympathy Tower” di Rie Qudan, vincitore del Premio Akutagawa. Tra intelligenza artificiale, empatia e architettura distopica, un’intervista esclusiva all’autrice.

“Tokyo Sympathy Tower” di Rie Qudan, vincitore del Premio Akutagawa. Tra intelligenza artificiale, empatia e architettura distopica, un’intervista esclusiva all’autrice.

Ho ricevuto Tokyo Sympathy Tower di Rie Qudan dalla casa editrice L’Ippocampo