Chiunque lei sia… ho sempre potuto contare sulla gentilezza degli sconosciuti.

A volte la decisione di leggere un libro arriva per vie talmente traverse da risultare impensabili. È così che mi sono imbattuto in Un tram che si chiama Desiderio di Tennessee Williams. Non avrei mai cercato spontaneamente una pièce teatrale, preferendo di gran lunga romanzi e saggi. Le uniche opere teatrali che conosco sono quelle di Shakespeare, lette inizialmente per obbligo scolastico e poi, sorprendentemente, per puro piacere.
Stavo guardando su internet una videointervista all’attore Paul Mescal, che seguo con entusiasmo dopo averlo apprezzato nella serie Persone normali e soprattutto nel meraviglioso film Aftersun. Nell’intervista elencava le cose di cui non poteva fare a meno in quel periodo. Tra acqua salina per capelli, profumo e macchina fotografica, è spuntata una copia consumata dell’edizione Penguin di A Streetcar Named Desire. Non era tanto il suo libro preferito, quanto quello che più stava leggendo in quel momento: stava per debuttare in teatro nel ruolo di Stanley, uno dei protagonisti della pièce.
La storia si svolge negli anni ’40 in un quartiere povero, ma non privo di fascino, di New Orleans. Siamo all’angolo tra Campi Elisi — la via che corre tra il fiume e i binari della ferrovia — e un edificio a due piani. È una sera di inizio maggio, il sole sta calando e la musica dei suonatori neri in un bar riempie l’aria con le loro dita scure che si muovono con rapita leggerezza.
In questo scenario di decadenza arriva Blanche, la protagonista. Ha in mano una valigia e un foglietto con un indirizzo. Osserva l’edificio con incredulità: lei non appartiene a quel mondo. Indossa un abito bianco, una camicetta a sbuffo, collana e orecchini di perle: una farfalla notturna.
Seduta sui gradini c’è Eunice, l’inquilina del primo piano, che le chiede: «Cosa c’è, mia cara? Si è persa?».
Mi hanno detto di prendere un tram che si chiama Desiderio, poi prenderne un altro che si chiama Cimitero e dopo sei fermate scendere a Campi Elisi.
Blanche sta cercando la sorella Stella, più giovane di cinque anni, che però non sa del suo arrivo. Eunice la fa accomodare e va a chiamare Stella, impegnata a guardare il marito giocare a bowling.
Così inizia Un tram che si chiama Desiderio, e sin da subito vediamo Blanche cercare di nascosto una bottiglia di whiskey. Ne beve mezzo bicchiere in fretta, poi rimette tutto a posto con cura. «Bisogna assolutamente che non perda il controllo», si dice. Quando Stella arriva, Blanche — come se non avesse già bevuto — le chiede da bere, rassicurandola: «Non preoccuparti troppo. Tua sorella non è diventata un’ubriacona. È soltanto un po’ sottosopra». Critica duramente la casa della sorella: dice che solo Edgar Allan Poe potrebbe descrivere quel luogo. Stella, invece, difende New Orleans e il suo stile di vita.
Prima dell’arrivo di Blanche, Stella conduceva un’esistenza ordinaria, in totale sudditanza al marito Stanley Kowalski. Una classica casalinga che passa il tempo a sistemare casa e ad accompagnare il marito al bowling. Stanley è un uomo rude, attraente, con una sessualità primitiva e prorompente. Lavora in fabbrica e durante la settimana organizza partite di poker con gli amici. Il loro rapporto vive di routine e attrito, ma resta in equilibrio — almeno fino all’arrivo di Blanche.
Blanche è un personaggio che spacca in due la scena, questa farfalla notturna che odia la luce. È arrivata a casa della sorella in cerca di rifugio, dopo aver perso l’eredità di famiglia ed essere stata licenziata come insegnante. Ha sulle spalle un trauma profondo, che emergerà nel corso della storia.
La tensione cresce. L’equilibrio familiare si sgretola e il dramma si consuma nel conflitto tra Blanche e Stanley. Le loro differenze culturali sono solo la superficie: la vera frattura è più viscerale. Stanley incarna una brutalità animalesca, una sessualità istintiva che turba e affascina Blanche al tempo stesso. La violenza fisica è parte del matrimonio con Stella, che l’ha accettata come normale. Ma cosa succede se quella violenza si rivolge verso la sorella? Stella aprirà gli occhi? O continuerà a non vedere, assorbendo tutto in un urlo silenzioso?
La vita deve andare avanti. Qualsiasi cosa capiti, si deve andare avanti.
Tennessee Williams ha scritto un’opera magistrale, dando vita a personaggi che sono vere e proprie esplosioni interiori. Ha fatto collidere, in un piccolo spazio claustrofobico, tre personalità opposte, portandole al limite, fino alla frattura irreparabile. Con quest’opera ha sollevato il velo su un’America disillusa, ha smascherato la falsità delle famiglie perfette, scavando nei traumi e nelle crepe nascoste sotto il tappeto.
Ma ha anche infuso nella sua scrittura la propria biografia: il padre violento, la sorella affetta da schizofrenia, la perdita dell’uomo amato. Ogni personaggio porta in sé un frammento della sua vita. Nel suo testamento, Williams chiese di essere sepolto in mare, avvolto in un sacco di tela. Proprio come dice Blanche: «E sarò sepolta in mare, avvolta in un nitido sacco bianco e lasciata cadere fuori bordo… a mezzogiorno… nello splendore del sole d’estate e in un oceano blu come gli occhi del mio primo amore».
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