Che libro unico è questo di Daniel Mason. Strutturato come se fosse composto da racconti, ma senza mai far percepire la frammentarietà che spesso questi comportano, al contrario gli strascichi dei personaggi – i loro umori – permeano tutto il libro fino alla conclusione. Questo accade per vari motivi ma in particolare per la presenza di alcune costanti, che rappresentano poi l’essenza, il nucleo, del “romanzo”.
La foresta del Nord si trova nel Massachusetts e la storia inizia nel XVII secolo, con un uomo e una donna in fuga dalla Colonia puritana a cui appartengono, inseguiti da uomini che vogliono trascinarli davanti al giudizio della comunità. Giungono in questa foresta del Nord dove si sposano nella boscaglia giurandosi semplicemente amore eterno. Ed è qui che l’uomo prende una pietra bianca e la poggia in un punto della radura, il luogo prescelto per costruire la loro casa.
La casa che costruiscono è una delle costanti del libro, resterà intatta seppur modificata nel tempo e dal tempo per i quattrocento anni a seguire, fino a oggi. Sarà prima la loro dimora, poi quella di un soldato inglese che abbandona i campi di battaglia per dedicarsi alla coltivazione delle mele, anzi degli alberi della mela più squisita mai assaggiata, la Meraviglia, la mela degli Osgood, è questo il cognome dell’uomo e della sua famiglia. Dopo di lui a continuare la coltivazione ci sono le sue due figlie gemelle, Alice e Mary, talmente dipendenti l’una dall’altra da giungere precipitosamente alla disfatta. E poi ancora in quella casa gialla nella foresta del Nord – che inizia a infestarsi delle morti di chi l’ha abitata con tutto il corredo di umori – passerà un giornalista di cronaca nera alla ricerca di cadaveri, e poi ancora un pittore innamorato segretamente di un uomo, e poi un truffatore, e una madre con suo figlio malato nella testa.
Da una semplice costruzione in pietra, la casa subirà le modifiche apportate dai suoi abitanti, finanche a diventare un hotel di lusso con campi da golf. Anche il paesaggio muta in base alle esigenze di chi abita la casa e non solo. La foresta del Nord viene sfruttata e deturpata per trasformarla in campo da pascolo, in prato inglese, in passaggio per autostrade. La Natura – descritta meravigliosamente da Mason – però trova sempre un modo per sopravvivere, di ricreare quello che l’uomo tenta di distruggere, inesorabilmente, donando vita dove c’è morte, facendo apparire insignificanti le ambizioni degli uomini, gli amori, i tradimenti, le vendette e i rimpianti. Al suo cospetto tutto appare infinitamente piccolo.
Tutte le storie lasciano una sensazione di caducità, di malinconia e spesso anche di terrore. La morte è sempre presente, in tutte le sue forme, in quella di carne senza vita e nella sua versione paranormale che aleggia in tutte le pagine. Spesso leggendo ho ricordato i racconti di Edgar Allan Poe, se solo avesse ambientato le sue storie nelle foreste descritte da Henry David Thoreu; due dei miei autori preferiti che ho ritrovato qui, tra le parole di Daniel Mason. C’è anche un altro fantasma nella foresta del Nord, una presenza costante, insieme alla casa e alla natura, che aumenta esponenzialmente la tensione, storia dopo storia. È lì, ovunque, che lascia i segni sanguinosi del suo passaggio permeando l’aria di tragedia: il leone di montagna, il famigerato puma, presenza invisibile delle foreste del Nord America.
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