Parti vestito pesante, guidando ancora nel sogno, e ti sembra di avere una corrispondenza con le cose che ti scorrono davanti: ti conoscono, e annuendo ti guardano passare. È un mondo scoperto prima del suo apparire, come se non fosse ancora pronto e tu sbirciassi […]
Ho girato l’ultima pagina di questo romanzo con un peso enorme sul cuore. La mia malinconia congenita è stata così tanto foraggiata da dover trasbordare per alleggerirsi. “Alzarsi presto” di Sandro Campani è un posto dove ho sentito il calore di casa, talmente intimo da sciogliermi e lasciare le redini di ogni protezione.
Alzarmi presto non è mai stato un problema, l’ho sempre fatto, da quando ho memoria. Sono cresciuto a casa dei nonni, con i loro rumori in cucina alle cinque del mattino; spesso ero seduto su una sedia ancora in dormiveglia a guardare mia nonna impastare. Poi ho iniziato a svegliarmi presto insieme a papà. Mi portava a caccia o a cercare i funghi, insieme ai cani. Continuo a farlo adesso, soltanto per leggere o per continuare a districare quel filo di emozione e attaccamento cercando funghi in posti lontani da papà.
Svegliarsi presto significa sentire di più, avere una corrispondenza con le cose che ti scorrono davanti. È come scoprire il mondo nudo, colto nella sua intimità. Ti abitui ai colori del cielo quando il sole non è ancora sorto, hai anticipato anche lui, e non puoi farne a meno. Tutto il resto ha le palpebre ancora abbassate. “Alzarsi presto” di Sandro Campani ha i colori che anticipano l’alba e i non detti dei rituali e dei legami famigliari.
Ho deciso che andrò in giro con mio fratello per i boschi. È il modo che ho di sopire il magone, e di non ammazzare qualcuno.
Ci porta nel bosco con suo fratello Pietro – Sandro Campani ha l’amore di conoscerlo in ogni piega dei suoi vestiti e in ogni movimento -, i cani, e ci introduce al mondo dei cercatori di funghi e di tartufi. Un mondo che ha le sue regole, le sue strategie e scaramanzie. Una ricerca dell’oro in cui si combatte con tutti i mezzi a disposizione per conquistare per primi la pepita e fare in modo che nessun altro sappia il luogo del rinvenimento. Ci sono regole di comportamento quando ci si imbatte in altri cercatori di funghi; bisogna sempre sminuire quel che si è trovato, così da spingere a cambiare zona; o parcheggiare lontano dal luogo dove è la nostra fungaia; fare giri larghi.
Esiste un glossario sentimentale, parole magiche che oltre ad avere il loro significato, portano appresso un carico emotivo. Amanita, bollata, buttata, fratelli, ovulo, fungo dell’inchiostro, fare un liscio. Sono parole come tante altre per qualcuno, ma per altri il solo leggerle o pronunciarle evocano immagini, ricordi, nostalgie, odori, desideri. Sono parole che si ricercano, per aria o nel bosco, per sopire il magone. “Alzarsi presto” è un atto d’amore, raccontato in un mondo ancora addormentato, in cui la ricerca dei funghi o dei tartufi equivale a colmare il vuoto.
E se tutto il giorno siamo stati a funghi, e ce ne siamo riempiti la vista, dei nostri e di quelli degli altri, cavati da noi, dal papà, dalla mamma, nella luce che c’era per terra, che fluttuava al muoversi dei rami, mentre camminavamo, mentre li trovavamo, soddisfacenti e sodi o martoriati dai lumachi, magnifici o storti e derelitti, visti dal di sotto, dalla spugna, o dal di sopra nel calare per un rotto, ecco allora che a letto, al buio, dentro gli occhi chiusi, continuiamo a vedere dei funghi, funghi d’ogni fatta che ci scorrono davanti, nella fantasia ripetitiva che ci accompagna fino al dormiveglia, e ancora oltre: «Pietro? Dormi?»
Se ti è piaciuto lascia un cuore!
