“L’insaziabile” di A.K. Blakemore

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Ho avuto modo di conoscere l’autrice de L’insaziabile (The Glutton) qualche tempo fa, durante il tour promozionale del suo precedente romanzo, Le streghe di Manningtree, che avevo molto apprezzato per lo stile lirico e per l’approfondita ricerca storica, che ha donato solidità alla trama. Anche L’insaziabile, pubblicato in lingua originale nel settembre 2023, si basa su fonti storiche e su un personaggio realmente esistito. Credo sia proprio una peculiarità dell’autrice quella di portare alla luce storie di persone ingiustamente dimenticate, le cui vite suscitano riflessioni e indignazione.

Ambientato nella Francia del XVIII secolo, il romanzo è ispirato alla vita di Tarare, nato nei pressi di Lione intorno al 1772, una figura quasi leggendaria, soprattutto in ambito medico; il suo caso è descritto nel trattato Mémoire sur la polyphagie (1804) del medico francese Pierre-François Percy. Tarare era un giovane affetto da un’insaziabile e patologica fame che lo portava a consumare enormi quantità di cibo, persino oggetti inorganici.

Il romanzo inizia dalla fine, negli ultimi giorni di vita di Tarare, rinchiuso in una clinica, incatenato al letto e sorvegliato da Suor Perpetué. È il paziente che deve essere costantemente monitorato, il pericoloso criminale accusato di aver mangiato una bambina. Verità o solo diceria? Molte sono le voci e le storie che aleggiano su Tarare, ma sarà proprio la suora, terrorizzata e al contempo affascinata dall’uomo, ad accettare la sua “confessione”, il racconto della sua vita.

Tarare è nato sotto una cattiva stella: figlio di una prostituta e privo di un padre, cresciuto con un patrigno che finisce per liberarsi di lui. Picchiato a sangue e abbandonato in fin di vita in una provincia rurale della Francia, avrebbe dovuto morire sotto i colpi dell’accetta del patrigno, con il cranio aperto, eppure si risveglia alla vita, questa volta però con una fame insaziabile, sua condanna e allo stesso tempo sua unica possibilità di sopravvivenza. La storia segue Tarare nel suo percorso segnato da questa “particolarità”, tra spettacoli orrorifici per il piacere perverso del pubblico pagante, esperimenti medici, arruolamenti nell’esercito e incarichi segreti. Tarare è privato di ogni briciola di umanità: viene considerato soltanto come un caso patologico di polifagia, sfruttato per soddisfare la curiosità e le ambizioni degli altri.

Il lettore, però, conosce Tarare come essere umano, entra nella sua sfera interiore. Blakemore lo tratteggia con grande profondità, donandogli tutta la complessità necessaria per umanizzarlo. Attraverso l’insaziabilità di Tarare, non vediamo solo la fame fisica, ma anche la sua fame di accettazione. La fame assume un valore fortemente simbolico, diventando metafora della sua diversità e della sua emarginazione, ma anche della sua lotta per essere accettato e per sopravvivere a ogni costo in una società che lo rigetta. Il lettore entra in empatia con Tarare: il cuore si stringe ogni volta che è esposto al pubblico ludibrio, quando gli lanciano topi affinché li divori o quando il suo corpo è maltrattato per la ricerca scientifica. Non c’è nessuno al mondo che provi affetto per lui, nessuno che gli faccia una carezza sul volto: è completamente solo nella sua mostruosità. Il suo corpo lo definisce e lo condanna.

A.K. Blakemore in L’insaziabile conferma la sua grande capacità narrativa. Con il suo consueto stile lirico riesce a impreziosire e a dare ancora più valore a una storia di per sé già interessante. Il suo lirismo non maschera le crudeltà, non le smussa; anzi, le rende ancora più vivide e penetranti. Le descrizioni del cibo e della fame sono numerose: quasi riusciamo a percepire i suoni della masticazione, della digestione, e gli odori, soprattutto quelli sgradevoli. La scrittura di Blakemore trasmette una potentissima percezione sensoriale, simile a quella che avevo avvertito, ad esempio, leggendo Il profumo di Patrick Suskind, che in qualche modo me lo ha ricordato. Ma il romanzo evoca anche Frankenstein di Mary Shelley, con la storia di formazione della creatura, il suo vagare alla ricerca di se stessa e di un posto nel mondo che invece lo rigetta a ogni passo. E alla fine, la domanda rimane sempre la stessa: chi è il vero mostro?

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