“I gufi dei ghiacci orientali” di Jonathan C. Slaght

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“I gufi dei ghiacci orientali” di Jonathan C. Slaght è uno di quei libri a cui non posso che dare il massimo dei voti. È uno di quei testi a stampo naturalistico – il mio genere di comfort – che mi fa sparire momentaneamente dalla mia vita quotidiana, dimenticare il tempo, e mi trasporta in un angolo di mondo di cui so pochissimo. Soprattutto, mi svela cose di cui ignoravo l’esistenza – questo è il suo valore aggiunto – e mi arricchisce. Durante la lettura, ho percepito una vicinanza a uno dei miei libri preferiti, pubblicato sempre da Iperborea: “Il libro del mare” di Morten A. Stroksnes. Lì si era alla ricerca del leggendario squalo della Groenlandia nelle vaste acque dei fiordi norvegesi, mentre nel libro di Slaght si parte per l’Estremo Oriente russo alla scoperta di un altro essere misterioso: il gufo pescatore di Blakiston.

Il libro si apre con la visione di questo rapace imponente: era senz’altro un gufo, ma di dimensioni inaudite, grosso quanto un’aquila ma più pennuto e corpulento, con ciuffi sproporzionati sopra le orecchie […] fin troppo ingombrante e buffo per essere un vero uccello, come se qualcuno avesse appiccicato in fretta e furia manciate di penne addosso a un cucciolo d’orso. L’autore, Jonathan C. Slaght, si trovava nel Territorio del Litorale insieme a un gruppo di appassionati di birdwatching, quando vide per la prima volta un gufo pescatore di Blakiston (Bubo blakistoni). Da quel giorno capì che poteva trasformare la sua passione in una professione e, soprattutto, avviare un progetto dedicato alla salvaguardia di questo gufo e del territorio incontaminato in cui vive.

“I gufi dei ghiacci orientali” (Owls of the Eastern Ice), pubblicato in lingua originale nel 2020, racconta la missione dell’autore, un biologo americano, per salvare questa rara specie di gufo che abita le remote e gelide foreste della Russia orientale e pochi altri luoghi al mondo. Il gufo pescatore di Blakiston è la specie di gufo più grande esistente, con un’apertura alare di due metri e un peso che può arrivare fino a cinque chilogrammi. Questo gufo ha caratteristiche peculiari che lo distinguono dai gufi più noti, quelli che siamo abituati a immaginare planare silenziosamente nella notte alla ricerca di piccoli roditori, con la testa perfettamente rotonda. I gufi pescatori, invece, non hanno bisogno di silenzio per catturare le loro prede, poiché queste vivono sott’acqua: sono pesci, principalmente salmoni. Di conseguenza, il movimento d’aria causato dal battito delle loro ali è perfettamente udibile. La testa non è perfettamente rotonda e presenta due grossi ciuffi arruffati sulle orecchie.

La sopravvivenza del Bubo blakistoni dipende dalla conservazione degli ecosistemi fluviali del Territorio del Litorale, una regione dell’Estremo Oriente russo, al confine con la Cina e, per un breve tratto, con la Corea del Nord, che si affaccia sul Mar del Giappone. Jonathan Slaght ci fa vivere in prima persona le sue spedizioni, raccontando come questa passione, che è diventata anche il tema della sua tesi universitaria, gli abbia dato la forza di sopportare condizioni climatiche e ambientali estremamente difficili. Il racconto è appassionante, con un crescendo che segue le varie fasi del progetto: inizialmente i sopralluoghi nelle foreste impenetrabili per individuare le aree ambientali adatte al gufo pescatore e ascoltare i loro richiami; poi l’individuazione dei nidi e delle coppie; e infine la fase più complessa, la cattura degli esemplari per identificarli e installare un GPS sulle loro schiene, così da monitorare i loro spostamenti e le loro abitudini.

Le descrizioni dell’autore sono così dettagliate da immergere il lettore completamente nella scena: si possono percepire i silenzi delle foreste, la solitudine di questi paesaggi gelidi, il fruscio delle ali dei gufi, i loro misteriosi richiami, la neve sotto i piedi e il crepitio dei fiumi ghiacciati. Jonathan Slaght non annoia mai: è un ottimo narratore, capace di dare dinamismo persino alle lunghe attese al gelo. Infatti, “I gufi dei ghiacci orientali” è anche un racconto avventuroso: si entra in empatia con l’intera squadra di ricercatori, e i momenti di estrema difficoltà si alternano a momenti di spensieratezza. Ogni loro sconfitta diventa anche la nostra, così come ogni loro vittoria. Il libro invita a riflettere sugli equilibri perfetti e fragili dell’ambiente naturale, sull’importanza di preservare questi habitat sconosciuti, probabilmente le ultime oasi non ancora del tutto contaminate, e su come ogni nostra azione – anche la più banale, come l’abbattimento di un albero che ospita un nido di gufo – possa contribuire all’estinzione di un’intera specie animale.

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