“Kill Creek” di Scott Thomas

Sono sempre molto diffidente  nei confronti dei romanzi horror pubblicati ai nostri giorni. Trovarne uno scritto bene, che susciti qualche brivido, o che almeno ti faccia guardare intorno in casa perché il ronzio del frigorifero ti è appena parso l’equivalente di una ragazzina con i capelli neri davanti al viso che graffia la parete scarnificandosi le unghie, non è semplice.

Il libro Kill Creek di Scott Thomas si mostra con una copertina minimalista ma di grande effetto. Su uno sfondo bianco è raffigurata in nero una grande casa con vari abbaini e grandi finestre. Sul tetto della casa si scorgono due figure, due donne. Di fianco alla casa si erge un faggio con rami spogli e da uno di essi penzola un cappio. In lettere cubitali, rosse, c’è il titolo Kill Creek.

Per quanto la parola Kill ci faccia immediatamente pensare alla sua traduzione in italiano, to kill, uccidere, in realtà Kill Creek è un torrente costeggiato dalla Kill Creek Road, a poche miglia dalla cittadina di Lawrence, in Kansas. Ed è qui, da poterla scorgere soltanto prestandoci attenzione, che sorge la casa sul Kill Creek.

La storia inizia come uno dei miei classici dell’orrore preferiti, L’incubo di Hill House di Shirley Jackson. C’è una breve, ma incisiva descrizione della casa.

“Nessuna casa nasce cattiva. Sono quasi tutte concepite con affetto, perfino con amore. All’inizio, la casa sul Kill Creek non fece eccezione. Fu edificata con niente di più fantastico di legno e chiodi, pietra e malta. Non fu costruita su un terreno blasfemo. Non ospitava una strega né uno stregone.”

Nel 1859, un uomo bianco la costruì con amore per viverci insieme alla sua amata. E fu proprio questo amore a scatenare l’inferno. Gli abitanti della vicina Lawrence risalirono in massa Kill Creek Road, fumanti di rabbia. Uccisero l’uomo e il suo amore. Lo fecero perché lei era nera. L’amore interraziale doveva essere punito. La impiccarono al faggio.

Da quell’evento iniziarono a circolare voci sulla casa, sul fatto che fosse infestata. Le persone quando le passavano accanto, allungavano il passo per farla sparire dai propri occhi il più in fretta possibile. Chiunque andasse ad abitarla l’abbandonava poco tempo dopo. Fenomeni inspiegabili, un freddo inusuale anche d’estate.

La casa divenne leggendaria e lasciata a sé stessa fin quando due sorelle, Rebecca e Rachel Finch, decisero di acquistarla, era il 1975. Le diedero una sistemata e la resero confortevole, soprattutto per migliorare la vita di una di loro: Rebecca, confinata su una sedia a rotelle. Morì di crepacuore, e anni dopo Rachel si impiccò al faggio.

Inizia qui la nostra storia, e già sappiamo che qualsiasi cosa accadrà, non sarà assolutamente qualcosa di buono.

I protagonisti del romanzo sono quattro scrittori dell’orrore, molto famosi, ognuno con un suo stile di scrittura. Qui l’autore, Scott Thomas, ha voluto, secondo il mio parere, omaggiare grandi scrittori esistenti o esistiti del romanzo di genere. Sebastian Cole è l’anziano del gruppo, fonte di ispirazione, l’equivalente dei mostri sacri quali Henry James e Lovecraft e Poe e Shirley Jackson, Sam McGarver è indubbiamente un omaggio a Stephen King, T.C. Moore rappresenta gli scrittori moderni young adult horror e Daniel Slaughter un palese R.L. Stine (Piccoli Brividi).  

Tutti verranno contattati da un giovane uomo, un tale di nome Wainwright, creatore di una pagina web dedicata all’horror, visualizzata costantemente da milioni di utenti. Per la notte di Halloween ha in serbo qualcosa di speciale: radunare i quattro scrittori all’interno di una casa infestata, per due giorni, intervistarli e montare un video clip dell’esperienza. Sebastian, Sam, Moore e Daniel non avrebbero bisogno di una spinta al successo, ma l’influenza mediatica di Wainwright garantirebbe il ritorno in classifica dei loro romanzi, dar loro la tranquillità e il tempo quindi di scriverne altri, ma soprattutto confermarli quali Scrittori e non “scrittori di romanzi di genere”.

La casa sarà Kill Creek, scelta casualmente da Wainwright inspirato dal libro “Prateria di fantasmi. Una storia vera di orrore soprannaturale” scritto dal dottor Adudel, in cui quest’ultimo narra la sua esperienza paranormale nella casa e intervista la ormai defunta Rachel Flinch.

Il soggiorno nella casa inizia in maniera molto tranquilla, ma si trasforma con grande gioia e gaudio del lettore in un susseguirsi di apparizioni, rumori, luci che si accendono e spengono a loro piacimento, così come la chiusura e apertura improvvisa delle porte. La casa cela inquietanti presenze, ma il brivido più longevo è dato dall’orrido “fantasma” di Rebecca e dal cigolio delle ruote della sua sedia a rotelle.

Nonostante tutto, Wainwright e la sua assistente Kate riescono a portare a termine l’intervista, a postarla su internet con un riscontro di pubblico oltre le previsioni, e tutti gli ospiti torneranno alle loro case, spaventati ma vivi. Andranno via però con un dubbio. In casa c’era una porta murata, in cima a delle scale; pare fosse la stanza di Rebecca. Rachel l’aveva rinchiusa lì dentro mentre era ancora in vita.

Sembra tutto finito, ma “la casa li aveva presi e non li avrebbe lasciati andare”. Sta al lettore adesso continuare la lettura e scoprire tutti i misteri di Kill Creek.

Kill Creek di Scott Thomas è un omaggio al romanzo dell’orrore, un omaggio ai grandi scrittori fonte di ispirazione dell’autore, e alle pellicole cinematografiche cult. Scott Thomas stesso ha citato nei ringraziamenti “Gli innumerevoli scrittori e cineasti con cui sono cresciuto, e che continuano a nutrire il mio amore per l’horror”.

Questo romanzo è mainstream, puro intrattenimento, c’è quello che ci si aspetta da un libro o un film horror. Non c’è nulla che non è già stato letto o visto, ma è un prodotto di qualità, pulito, scorrevole, dinamico, angosciante. E’ una storia completa e con un degno finale.  Si percepisce che Scott Thomas ha acquisito il meglio dai Grandi. I brividi sono garantiti. Un bel prodotto, da gustare senza essere troppo radical chic. E ciliegina sulla torta, c’è un messaggio di fondo che arriva chiaro al lettore: la nostra mente è in grado di creare le più grandi paure.

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