“Tomorrow, and tomorrow and tomorrow” di Gabrielle Zevin

Falle capire che ci sei. E, se puoi, portale un biscotto, un libro, un film. L’amicizia è un po’ come avere un Tamagotchi.

“Tomorrow, and tomorrow and tomorrow” di Gabrielle Zevin è uno di quei libri che, grazie ai social, TikTok – Instagram – Youtube, e al passaparola, è schizzato alle prime posizioni nelle classifiche di vendita mondiali, con milioni di copie vendute, diventando in effetti un caso editoriale. Molti storcono il naso a questa definizione, perché spesso i casi editoriali si rivelano essere in realtà soltanto begli involucri, confezionati alla perfezione, ma senza spessore. Anche io, più volte, sono rimasto fregato da determinati “capolavori”, ma ho voluto comunque cimentarmi nella lettura perché il romanzo di Gabrielle Zevin ha esercitato una forte attrazione su di me, per l’ambientazione anni ’90, ma soprattutto perché racconta la storia di un’amicizia tra un ragazzo e una ragazza che condividono la stessa passione per i videogiochi. Tutti elementi vissuti in prima persona. Ho immaginato, leggendo il libro, di potermi tuffare in un passato nostalgico.

gabrielle zevin tomorrow and tomorrow and tomorrow

L’amicizia tra Sadie e Sam inizia nei corridoi grigi di un ospedale. Lei è lì perché ha la sorella malata di cancro, lui invece è stato vittima di un tragico incidente che lo renderà orfano e invalido a una gamba. Grazie al videogioco di Super Mario, giocato in una sala dello stesso ospedale, i due stringono una forte amicizia e Sam finalmente riesce anche a uscire dal silenzio in cui si era rinchiuso dal giorno dell’incidente. Ma come accade a molte persone che hanno stretto un forte legame durante l’infanzia, questo così come si è creato, può anche disfarsi, per incomprensioni, per bugie dette a fin di bene, o anche senza un motivo preciso. Sam e Sadie si allontanano…

… per ritrovarsi otto anni dopo, in una mattina del 1995, sulla banchina della metropolitana di Boston. Sam la riconosce e la chiama. Sadie, dopo un piccolo tentennamento, cede alla nostalgia della loro passata e straordinaria amicizia. Entrambi hanno portato avanti la loro passione per i videogiochi, tramutandola in materia di studio alle rispettive Università. Basta poco per annullare tutti gli anni che li hanno visti separati e per ritrovarsi ancora migliori amici. Ricominciano a frequentarsi, ma soprattutto iniziano una collaborazione creativa. La loro unione è anche la loro forza; se i loro progetti, prima di incontrarsi, erano deboli e incompleti, insieme riescono a creare mondi straordinari. Ichigo è il videogioco che sfornano – un gioco rivoluzionario ispirato alle xilografie di Hokusai e ai poemi omerici – e che spalanca loro le porte del successo. Un po’ come Steve Jobs e Steve Wozniak che assemblarono manualmente il primo computer Apple nel garage di famiglia, così Sam e Sadie creano Ichigo senza un’azienda e senza collaboratori, nelle loro stanze, donando ore di mancato sonno, frutto soltanto della loro creatività, della conoscenza della materia, del sacrificio e della passione per questo mondo virtuale che rappresenta la salvezza da un oggi sconfortante.

Cos’è un gioco? È domani, e domani, e domani. È la possibilità dell’eterna rinascita, dell’eterna redenzione. L’idea che, se continui a giocare, puoi vincere. Se perdi, non è per sempre, perché nulla è mai per sempre.

È questo che i videogiochi rappresentano per Sam e Sadie, un luogo fatto di infinite possibilità, dove puoi esplorare percorsi diversi, hai la possibilità di fallire, ma di tornare indietro, di morire ma anche di ricominciare a giocare, con più esperienza, tutte le volte che vuoi, fino a quando non raggiungi la vittoria. La vita vera, al contrario, e loro lo sanno molto bene, non permette di fallire troppo spesso, molte strade sono precluse e inesplorabili. Nulla è progettato e ci si scontra con le dinamiche umane, che spesso portano alla gioia, ma altrettante volte alla discordia.

Gabrielle Zevin, come citato sulla copertina del libro, ha scritto una storia che parla d’amore pur non essendo una storia d’amore e ha aperto un varco alla nostalgia, per farci rivivere quel periodo, anni ’90 e inizi anni 2000, in cui la tecnologia aveva preso piede e i videogiochi erano sempre di più e sempre più avanzati. Quanti di noi avevano in tasca un Tamagotchi, nello zaino un Game Boy o collegata al televisore una delle prime console di videogiochi?

Andate oltre la copertina coloratissima, all’incredibile accoglienza social, e leggete “Tomorrow, and tomorrow and tomorrow”, perché Gabrielle Zevin sa scrivere, cita Shakespeare – il titolo è ispirato a un famoso monologo di Macbeth –, conosce le poesie di Emily Dickinson, ci crea un videogioco e sa perfettamente cosa la poetessa volesse dire con il carico dovrebbe essere proporzionato al solco. Ragiona sul contrasto tra il potere illusorio dei videogiochi e le vere sfide che bisogna affrontare nel mondo vero, sull’amicizia e le invidie e la gelosia che possono minarla, sull’imprevedibilità dell’amore, l’irrimediabilità della morte, ma anche sulla possibilità con un po’ di coraggio di riuscire a essere vincitori senza un joystick in mano.

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