“I demoni di Wakenhyrst” di Michelle Paver

Sulla quarta di copertina di questo libro avevo letto il commento del Sunday Telegraph che lo definisce come “una storia di orrore e bellezza”. Mi ha fatto drizzare le antenne; sono sempre in cerca di orrore e di bellezza, soprattutto se fuse insieme. E devo essere sincero, mi sono anche fidato della casa editrice che lo ha portato in Italia, Neri Pozza, che è sempre sinonimo di belle letture.

La copertina poi ha incorniciato il tutto in una maniera eccezionale e ipnotica. Una grande casa con torri, comignoli e abbaini. La luna svetta in alto sullo sfondo a inebriare di luce cinerea un cimitero. E in basso un intrico di rovi, simboli, e un uccello che poi scopriremo essere una gazzaladra.

Il pericolo di una forte delusione però è sempre dietro l’angolo. Soprattutto se si inizia la lettura con grandi speranze e anche perché ormai le storie di orrore e bellezza sono rare; rare sono le gemme che davvero brillano poiché autentiche.

Lo dico da subito, così non correte in fondo all’articolo per sapere se mi è piaciuto o meno. L’ho amato, letteralmente amato. Mi ha trascinato in una storia dal profumo classico, scritto come un classico e l’atmosfera che ci accompagna nella storia è quella che tanto mi allieta, cupa e nebbiosa, avvelenata da una pozione di “qui c’è qualcosa che non va”.

Siamo a Wakenhyrst, nel Suffolk, un minuscolo borgo. Isolato sorge un maniero, Wake’s End, ricoperto di licheni e sulle cui mura le finestre sono bloccate dall’edera che ricopre completamente tutto. A rendere il luogo ancor più misterioso, è la presenza di una delle ultime paludi ancora non prosciugate, nelle cui acque scure scivolano sinuose come serpenti le anguille, ma più terrificanti, con il loro colore scuro e lucido.

La storia comincia con un fatto terrificante. Anno 1913, la giovane sedicenne Maud da una delle finestre del maniero vede suo padre, Edmund Stearne, uscire di casa, armato di un punteruolo da ghiaccio e un martello da geologo, e massacrare la prima persona che gli capita a tiro, nel modo più orribile possibile. La persona che uccide sarà l’ultima persona che vorremmo morisse. Ma non svelerò chi è.

Dopo l’omicidio il padre viene rinvenuto in fondo a un pozzo, accerchiato da anguille, la sua più grande paura.

Questo è soltanto quello che le persone di Wakenhyrst e dintorni conoscono. Il movente è sconosciuto e Maud avrebbe voluto portare il segreto nella tomba.

Ma questo fatto di cronaca non viene mai dimenticato soprattutto quando anni e anni dopo, nel 1965, Edmund Stearne, rinchiuso in una clinica psichiatrica, dedica le sue giornate nella realizzazione di tre terrificanti dipinti, incubi raffigurati su tela.

I tre dipinti attirano l’attenzione di una storica dell’arte che decide di incontrare l’ormai anziana Maud, e farle delle domande perché quei dipinti, i diavoli raffigurati sui dipinti riconducono a un altro dipinto medioevale, l’Apocalisse. Dipinto che sul suo retro custodiva un’ampolla con dentro lo spirito di Satana, esorcizzato dal corpo di una persona.

Maud decide di raccontare la sua storia e risalire ai fatti accaduti nel 1913. Forse perché anche lei vuole liberasi di quel peso che l’ha imprigionata nella sua solitudine e in quella della palude.

Quanto vorrei poter adesso accendere un fuoco e poter raccontare, sussurrando, tutta la storia, questa terribile storia. Sono certo che l’attenzione sarebbe alle stelle, perché è innegabile la potenza di questo romanzo, “I demoni di Wakenhyrst”.

La narrazione è portata avanti in più modalità; attraverso un articolo di giornale, poi sbirceremo insieme a Maud il taccuino segreto di suo padre che costituisce il fulcro del romanzo, e poi ancora attraverso il libro della mistica Alice Pyett (1451-1517) verso cui Edmund Stearne ha un’ossessione. Ad agganciare le varie modalità c’è la narrazione classica che come un fiume raccoglie tutte le voci per indirizzarle verso il finale, verso la verità, verso la palude.

E il folklore! Presente in ogni riga, direi onnipresente. Il sale lanciato alle proprie spalle per accecare il diavolo, le donne impossibilitate a entrare in cucina durante il periodo di mestruo per evitare che il cibo vada a male, amuleti appesi al letto. E al folklore si aggiunge l’oppressione della Religione, che induce i personaggi a commettere azioni al di fuori di ogni qualsivoglia compassione.

La palude, tu leggi e senti quell’odore nauseabondo che penetra ovunque, dalle finestre per infestare il maniero e nella pelle per ammalarti.

Tutto questo è stato possibile grazie all’abilità della scrittrice, Michelle Paver, che ha delineato perfettamente personaggi degni di questo nome e rinchiudendoli in una bolla di disperazione.

Per gli amanti del romanzo gotico e anche per chi ama le storie dalle tinte crepuscolari. Leggetelo!

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