“L’ultima foresta” di Mauro Garofalo

libro l'ultima foresta

La vita si propaga, del tutto e nonostante.

La foresta di Białowieża è un’antica foresta situata lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia, ed è quanto rimane degli antichi boschi che un tempo ricoprivano tutta l’Europa. Dal 1979 fa parte dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO. Gli zubr sono l’animale più rappresentativo della foresta (gli ultimi bisonti europei non ibridati con quelli americani), ma si aggirano anche lupi, linci, alci, orsi, arvicole, konik (una razza di cavallo semi-selvaggia) e numerosissime specie di uccelli, come il picchio nero.

Oltre a essere il luogo dove miracolosamente sopravvivono specie animali estinte altrove, la foresta di Białowieża è anche il luogo dove sorgono lapidi in memoria dei molti ebrei polacchi sterminati dai nazisti, mitragliati proprio lì, sotto le querce, gli abeti rossi e i tigli. E sulle stesse impronte delle zampe dei lupi, ci sono, tutt’oggi, le vie dei migranti, delle migliaia di persone – provenienti dal Bangladesh, dalla Siria, dall’Iraq – che fuggono da alluvioni, povertà, guerre e pandemie. Lungo i confini della Bosnia si sono ammassati altrettanti profughi, sulla cosiddetta rotta balcanica, dove uomini, donne e bambini muoiono per il freddo e la fame nel tentativo di raggiungere un posto più lieve. Tantissimi altri, se riescono, trovano una tana in decadenti centri di accoglienza che però non garantiscono nemmeno i beni primari.

Nella foresta ci sono i cacciatori di animali, ma anche i cacciatori di migranti. Gruppi di uomini che si riuniscono per formare gruppi paramilitari, si improvvisano guardie e picchiano a sangue i profughi che tentano di valicare i confini, sequestrando loro tutti i beni, cellulari, vestiti, soldi. Legano loro le mani per impedire qualsiasi movimento, minacciati di essere uccisi se provano a ribellarsi. I paramilitari si muovono su quad, jeep, sono vestiti in mimetica, armati fino al collo, cacciano i migranti per consegnarli alla polizia, e c’è un tacito consenso a tutto questo.

Mauro Garofalo, nelle note finali di L’ultima foresta, scrive di aver avuto l’idea per scrivere questo romanzo leggendo alcuni articoli e vedendo reportage sulla rotta balcanica, ascoltando testimonianze dei profughi sopravvissuti a drammatici viaggi sulle montagne e nella foresta (che ha anche visitato nel 2021, in piena pandemia). Se a oggi il motivo principale delle migrazioni è fornito direttamente dall’uomo facendo guerre, accendendo conflitti interni e limitando o privando libertà anche minime, in un futuro molto vicino, si aggiungeranno le migrazioni dovute ai cambiamenti climatici (già iniziate in alcuni paesi devastati in continuazione da alluvioni e pandemie). Per la Banca Mondiale i migranti climatici saranno circa duecento milioni entro il 2050.

In L’ultima foresta, Mauro Garofalo immagina proprio questo mondo che verrà, questa post-apocalisse che non è più una fantasia, ma una realtà che ci attende dietro l’angolo. C’è una famiglia composta da madre padre e tre figli – di cui una bambina – costretta a dover abbandonare la propria fattoria completamente distrutta da una tempesta e sommersa dal fango e a incamminarsi nella foresta di Białowieża, lungo la rotta balcanica. Con solo maglioni e coperte, si inoltrano nella foresta per raggiungere un centro di accoglienza di cui si è solo sentito parlare. Ma in questi sentieri non sono soli, ci sono le bande paramilitari a caccia di migranti e chi quella foresta la abita da sempre: branchi di lupi affamati e un’orsa annebbiata dalla sete di vendetta dopo che le sono stati uccisi i cuccioli.

Umani e animali vengono livellati, sono alla pari, ci sono le prede e i predatori, ognuno tenta di sopravvivere in qualche modo, fuggendo o cacciando, ognuno di loro prova le stesse emozioni, serba la stessa sete di vendetta o di riscatto. La foresta stessa è protagonista del romanzo, brulicante di quella vita che si propaga, nonostante tutto, che permette a pezzi di cielo azzurro di farsi intravedere tra le cime verdi degli alberi, anche se nel sottobosco si sta svolgendo la vicenda più nera. Mauro Garofalo per raccontare questa storia ha utilizzato frasi brevi, spesso fatte semplicemente di soggetto e verbo, dei flash. È l’azione che porta avanti la storia, che racconta l’urgenza dei protagonisti di sopravvivere, di raggiungere un luogo sicuro, ma anche la paura che li attanaglia, in una morsa sempre più stringente. È un continuo fuggire e inseguire, lungo sentieri bui, per giungere in fine, i sopravvissuti, allo scontro finale per la vita, che sia essa una vita umana o animale.

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