“Passione Sakura” di Naoko Abe. La storia dei ciliegi ornamentali giapponesi e dell’uomo che li ha salvati.

Il Taihaku, o Grande Bianco, è un albero raro e spettacolare, esaltato dai puristi per i suoi grandi fiori bianchi a petalo singolo. A un certo punto della storia, in Giappone il Taihaku si era estinto. E il suo inatteso ritorno, in un paese che ha nel ciliegio un simbolo antico e onnipresente, era stato dovuto all’impegno di un uomo in particolare – un inglese, nientemeno: Collingwood «Cherry» Ingram.

I fiori dei ciliegi ornamentali hanno un’importanza enorme per il Giappone. I momenti di passaggio di vita di ogni giapponese sono scanditi dalla fioritura dei ciliegi. Infatti, in Giappone, diversamente dagli usi occidentali, è il primo di Aprile a segnare l’inizio dei cicli come l’anno scolastico e accademico, l’anno fiscale e quello lavorativo. La contemplazione dei ciliegi, detta hanami (hana, «fiore» e mi, «vedere»), è un rito che si ripete ogni anno in primavera. I giapponesi escono in massa, armati di cestini da picnic, per recarsi nei parchi pubblici e socializzare sotto le chiome fiorite dei ciliegi.

Naoko Abe, la scrittrice di questo saggio entusiasmante, “Passione Sakura”, nel 2001 si trasferì a Londra e notò qualcosa di insolito inerente agli alberi di ciliegio ornamentale. Infatti, nelle Isole Britanniche, a differenza che in Giappone, incontrò, durante i suoi spostamenti, alberi di ciliegio con fiori di colore diverso – bianchi, rosa, rossastri, alcuni con sfumature verdi -, ma che, soprattutto, fiorivano in momenti diversi della primavera. In Giappone, al contrario, sette esemplari su dieci sono della stessa varietà, nota con il nome di Somei-yoshino, e i fiori di questa cultivar sopravvivono per circa otto giorni, e il motivo per cui tutti fioriscono insieme e perdono i fiori insieme è che sono alberi clonati. La cultura dei sakura (fiori dei ciliegi ornamentali) si è, quindi, centrata sulla breve esistenza di questo fiore che ricorda la vita dell’uomo, effimera.

Da questa domanda, «che fine aveva fatto la diversità di questi fiori?» iniziò la ricerca di Naoko Abe, e fu mentre scriveva un articolo sulla diffusione dei ciliegi nelle Isole Britanniche, che si imbatté nella figura di Collingwood Ingram (30 October 1880 – 19 May 1981), paladino dei ciliegi e massima autorità in materia. Ingram salvò diverse specie dall’estinzione e nel suo giardino del Kent mise insieme la più grande collezione di varietà di ciliegi ornamentali al di fuori del Giappone. Fu, tra l’altro, il primo al mondo a ibridare i ciliegi artificialmente.

Collingwood Ingram crebbe in una famiglia molto ricca dove le stravaganze erano di casa. Nella loro residenza di Westgate-on-Sea, gli Ingram possedevano uccelli albini, uno gnu africano e trentacinque esemplari di cani chin. Fin dalla tenera età, Collingwood sviluppò un amore spropositato per gli uccelli, che divennero il suo chiodo fisso. Gli piaceva scovare i loro nidi, studiarli e disegnarli. La natura era la religione del bambino, il darwinismo il suo credo.

Cosa lo abbia spinto a interessarsi al Giappone non è certo; forse i cani chin della madre o la lettura di un libro sugli uccelli giapponesi. Fatto sta che fu un interesse che crebbe sempre, e che dagli ultimi anni ’90 dell’Ottocento durò per tutta la sua lunga, centenaria, vita. Con certezza però è noto cosa abbia instillato in lui la fiamma dei sakura. Subito dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1919, Collingwood e sua moglie Florence presero possesso della loro nuova proprietà, la Grange, nel villaggio di Benenden, e scoprirono che sul lato Ovest della casa c’erano due ciliegi ornamentali di circa vent’anni. Collingwood ne fu affascinato e la visione dei due alberi lo riportarono con la memoria ai suoi soggiorni giapponesi e a porsi un enorme obiettivo: raccogliere per il proprio giardino quante più varietà di ciliegi possibile e diventarne un esperto riconosciuto a livello mondiale.

Ingram dovette iniziare da zero, perché non sapeva nulla di botanica e non era mai stato prima di allora un appassionato giardiniere. Dovette fare ricerche su ricerche, scoprire chi prima di lui si era interessato dei ciliegi ornamentali, leggere testi di botanica, imparare come trasportare le piante, come moltiplicarle e metterle a dimora. Le sue peregrinazioni nella storia dei ciliegi lo portarono a imbattersi in uno dei più importanti “ladri” di piante, Robert Fortune – famoso per aver portato il thè in Inghilterra cambiando gli usi e i costumi di un’intera popolazione – che fece giungere, nel 1864, uno dei primi ciliegi giapponesi, la varietà Takasago.

Nel 1925, appena sei anni dopo il trasferimento a Benenden, nel giardino crescono già circa settanta varietà di ciliegio ornamentale, e solo pochi orticoltori professionisti in tutto l’Occidente sanno più di lui sull’argomento.

Il suo fu un sakura angya – un vero e proprio pellegrinaggio – per le località giapponesi più famose per i ciliegi, e in questi luoghi, talvolta remoti, incontrò i più grandi esperti e fu trattato sempre come se fosse un re. Il “suo” Giappone, però, era ormai solo un ricordo. L’arrivo di Ingram in Giappone coincise con il periodo in cui il Sol Levante (anni 20), pur di allinearsi ai paesi occidentali, aveva iniziato una massiccia opera di industrializzazione che fece tremare molte tradizioni. E se la devozione ai fiori di ciliegio restò immutata, quella di preservare le differenti varietà, invece, sparì dall’interesse dei giapponesi. A Ingram bastarono i prime cinque giorni del soggiorno per ridimensionare le sue aspettative e per cambiare prospettiva ai suoi obiettivi. Il suo scopo, infatti, divenne quello di soccorrere i fiori di ciliegio più rari del Giappone per evitare la loro completa estinzione e di istruire i giapponesi sulla corretta coltivazione dei ciliegi. Tra le altre cose Ingram aveva notato proprio questo, l’inesatta messa a dimora degli alberi, che venivano sempre scelti già adulti e quindi più soggetti a malattie e la scelta sbagliata del portainnesto.

All’inizio degli anni Trenta, la Grange era ormai diventata un vero e proprio centro di smistamento, con Ingram a gestire il traffico di semi e marze tra Giappone, Inghilterra e Stati Uniti, coinvolgendo via via un numero crescente di coltivatori. Nonostante il successo della sua attività, fu un altro traguardo a dare a Ingram la più grande soddisfazione: la reintroduzione in Giappone del ciliegio Taihaku, il più famoso ciliegio giapponese, ormai scomparso dalla terra natia.

“Passione sakura” è un saggio ottimamente documentato; Naoko Abe ha cristallizzato perfettamente la vita di Collingwood Ingram, aiutata anche dal fatto che aveva a sua disposizione numerosi documenti su di lui. È una completa immersione sotto le chiome dei sakura che ci porta alla conoscenza dell’uomo che li ha salvati, delle guerre che hanno distrutto non solo vite umane, ma anche alberi millenari. Tra i capitoli del libro leggiamo delle tradizioni ben radicate del Giappone, del contestato periodo di occidentalizzazione e di contraddizioni, e anche dei giovani ragazzi kamikaze dentro velivoli con il simbolo del fiore di ciliegio.

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