“Il Silmarillion” di J.R.R. Tolkien


Ho sempre ritenuto che il Mondo creato da Tolkien fosse estremamente complesso, talvolta non mi sono ritenuto all’altezza di comprenderlo e ammiravo alcuni dei miei amici che invece padroneggiavano, e padroneggiano, con facilità luoghi, nomi ed ere tolkeniane. C’è chi addirittura ha iniziato a imparare la lingua degli elfi! Questa mia difficoltà mi ha portato ad approcciarmi alle sue opere con grande rispetto.

Quando, ormai molti anni fa, lessi La compagnia dell’Anello, sfogliai la prima pagina con riverenza, sapevo che davanti avevo qualcosa di grande, di importante, e che per me sarebbe stata una bella sfida.

Così fu. La lettura fu piena, densa. Mi ritrovai nella Terra di Mezzo a leggere degli Hobbit e dell’Anello del Potere. La sensazione che provai e che ricordo distintamente, fu che non mi sembrava di leggere qualcosa di nuovo, di appena concepito, ma di star riesumando una storia antica come il Mondo. Ogni pagina, oltre alle parole, aveva un sottotesto palpabile e solido. Ogni cosa scritta aveva il suo motivo di esistere.

E sempre i miei amici che parlano l’elfico mi dissero che dovevo leggere “Il Silmarillion”, perché lì avrei trovato tutto il Mondo di J.R.R. Tolkien. Ogni cosa era lì contenuta, come un Testo Sacro da cui attingere. Il libro che ha introdotto una nuova mitologia in Inghilterra. E l’ho letto, anche se dopo dieci anni dal suo acquisto.

Tolkien ha iniziato a scrivere “Il Silmarillion” nel 1917, anche se alcuni personaggi gli erano chiari fin dall’infanzia, e lo ha continuato a scrivere per tutta la vita. È soltanto grazie al figlio Christopher, che dopo la morte del padre ha raccolto e sistemato il tutto, se noi adesso possiamo godere di questa sacralità. L’obiettivo di Tolkien era quello di creare un corpo di leggende più o meno interconnesse tra loro che spaziassero dalle vastità della cosmogonia alla fiaba romantica. Anche il linguaggio utilizzato, diverso dalle altre sue opere, è un suo volere. Per questa sua opera Tolkien scelse una scrittura che riuscisse a fondere sia il distacco che la limpidezza, con l’obiettivo di donare al testo quella serena bellezza elusiva che taluni definiscono celtica. Non sono io adesso a dover dire se Tolkien abbia raggiunto il suo scopo (ovviamente sì!), ma la lettura de “Il Silmarillion” ti fa viaggiare su un altro livello, lo si percepisce a ogni pagina che la storia è intrisa di religiosità, nel suo senso più ampio.

All’interno di questa edizione, come fu per volontà di Tolkien, sono contenuti oltre a “Il Silmarillion” anche altre opere brevi: l'”Ainulindalë” e il “Valaquenta” proposti all’inizio del volume, l'”Akallabêth” e “Degli Anelli del Potere” che compaiono alla fine. Questo per fare in modo che venisse racchiusa in un unico libro l’intera mitologia dell’autore, dalla nascita del Mondo di Arda fino ad arrivare alla distruzione dell’Anello del Potere a opera di Frodo. Ovviamente alcune delle storie sono ne “Il Silmarillion” raccontante in maniera riassuntiva, perché la loro interezza possiamo trovarla in altre sue opere, “La caduta di Gondolin”, “Beren e Lùthien”, “I figli di Hurin”, ad esempio, che rappresentano la trilogia dei Tempi Remoti, per poi passare a “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit” con i quali si termina la Terza Era.

Sarebbe assurdo provare a fare un riassunto de “Il Silmarillion” perché in ogni pagina ci sono infiniti nomi e luoghi impossibili da memorizzare, e bisogna tener presente che ogni nome ne ha almeno altri due. Io mi sono lasciato trasportare dalla storia, cercando di memorizzare soltanto i nomi principali che sapevo sarebbero tornati in seguito. Fortunatamente alla fine del libro c’è un elenco dei nomi che ci viene in soccorso quando sembra di essere ormai perduti.

Il nome “Il Silmarillion” deriva dal fatto che in esso vengono narrati gli eventi legati al destino e al significato dei tre Silmaril – “splendore di luce pura” – o detti anche Gioielli Primordiali. Questi rappresentano la massima creazione possibile degli Elfi, e non sono semplici gioielli, perché in essi è contenuta la Luce di Valinor (una sorta di Paradiso Terrestre) resa visibile nei due Alberi d’Argento e d’Oro; Alberi successivamente uccisi dal Nemico. La luce degli Alberi sopravvisse, quindi, soltanto nei tre Silmaril e tale discordia portò alla prima caduta degli Elfi che svilupparono un atteggiamento possessivo nei confronti dei tre gioielli, soprattutto quando questi furono poi rubati dal Nemico, Morgoth, che li incastonò nella sua corona.

La particolarità di questa opera di Tolkien sta nel fatto che ha caratteristiche tutte proprie e differisce da ogni altra narrazione perché non è antropocentrica. L’uomo non è al centro di tutto, ma ad esserlo sono gli Elfi, I Primogeniti. Gli umani sono soltanto I Successivi, e a essere sincero sono anche quelli che per la loro vulnerabilità sono i più giostrabili dal Nemico, dei voltagabbana per intenderci.

Molto interessanti sono i personaggi femminili di questa opera, che hanno un ruolo sempre di grande importanza. Due in particolare, una grande eroina, Lùthien, e la cattivissima Ungoliant. Quest’ultima dalle sembianze di un enorme ragno avvolta dall’oscurità delle tele che essa stessa tesseva, fu la causa della morte dei due Alberi di Valinor; così cattiva che il Male in persona, Morgoth, la temeva. La sua apparizione nelle pagine è stata per me fonte di grande meraviglia, grazie alla terribile epicità con la quale Tolkien l’ha raccontata. Lùthien, invece, nella schiera opposta, è una bellissima elfa immortale che si innamora di Beren, un uomo, e che per amore riesce a mettere in ginocchio Morgoth, palesando a tutti la vulnerabilità dello stesso.

“Il Silmarillion” è un’opera immensa e capisco anche chi ha avuto difficoltà nel leggerlo, perché non è affatto una lettura semplice, necessita di un po’ di attenzione nel non perdere i fili della storia. Credo però che bisogna approcciarsi ad essa anche con leggerezza e godersi questa lettura “alta” e a tratti estremamente poetica. Ci sono alcuni passaggi di un’epicità impressionante, si avverte proprio che il tuo animo si eleva alla bellezza di questa creazione.

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Comments 4
  1. I film li ho sempre adorati invece l’opera letteraria confesso che mi ha sempre fatto timore. Tu fantastico, ti avrei letto per ore!

  2. Complimenti per aver avuto il coraggio di leggere i libri de “il signore degli anelli”. Quest’altro libro di Tolkien non lo conoscevo. Grazie per averne parlato.

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