“Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

Quando avevo diciotto anni il futuro proprio non lo vedevo, immaginavo che da lì a qualche anno sarei morto. La mia visione era completamente buia, non mi sentivo bravo, dotato di qualche talento. Ero diligente, questo sì, studiavo perché non volevo fare brutte figure con gli insegnanti, non avrei saputo reagire al loro rammarico. Non ho mai avuto una materia preferita, ma soltanto materie in cui riuscivo bene. Avevo amici, sono nato con un’indole incline alla socialità nonostante la rifuggivo, e la rifuggo. Restare solo era uno dei miei momenti preferiti, e in quei momenti emergevano le cose che realmente, e non per induzione, amavo e che desideravo fare, bravo o non bravo che fossi.

Io mi sento me stesso solamente quando sono solo.

A un certo punto di Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron, James Sveck, diciotto anni, confessa alla nonna che non vuole andare all’Università, che trova inutile studiare tutte quelle materie che non gli interessano. Lui vorrebbe soltanto comprarsi una casa vecchia nel Midwest, arredata come quella della nonna, prendersene cura, coltivare fiori, leggere tanto, tutti i libri che non ha potuto leggere perché andava a scuola. Poi forse un giorno imparare un mestiere, lavorare in una biblioteca o diventare artigiano, creare qualcosa con le mani. È attratto soprattutto dalla possibilità di lavorare in biblioteca perché lì le persone parlano tutte sottovoce e solo quando è necessario. Magari il mondo fosse così! James vorrebbe passare direttamente alla fase della vecchiaia, in modo da avere già tutto alle spalle, togliersi il pensiero di quella vita così dannatamente difficile. Ed è proprio davanti ai dipinti di Thomas Cole, alla serie The voyage of life, che James ha una crisi, davanti a sé tutte le fasi della vita fino alla vecchiaia. Non sopporta più quella pressione dentro allo stomaco. Squarcia tutto, in un gesto disperato, triste, rissoso. Ma non riuscivo a smettere.

Se il romanzo fosse stato scritto da James ci sarebbe stata tanta confusione. Ho solo diciotto anni. Come faccio a sapere cosa vorrò nella vita? Come faccio a sapere cosa mi servirà? Il racconto è in prima persona, il lettore è praticamente James, ma fortunatamente le redini della sua storia sono tenute nelle mani sagge e addestrate di Peter Cameron che dipana la nebbia e trasforma in parole semplici quel casino che è l’adolescenza, soprattutto l’adolescenza di quei ragazzi che si sentono agnelli, che odiano le voci alte, le urla, i giochi violenti e che ancora non hanno esplorato la propria sessualità. C’è un passaggio del romanzo che mi ha toccato molto, quando James parla con il padre e scopre che in certi lavori, la maggior parte dei lavori, bisogna essere squali, al massimo degli avvoltoi in attesa di spolpare i resti lasciati dagli altri. E allora James si sente abbattuto, il suo futuro lo vede ancora più nebuloso, avrebbe voluto chiedere a suo padre se esistessero lavori per gli agnelli e i conigli. Quanto avrei voluto abbracciarti James!

Ho pensato che magari con gli anni sarei diventato più aggressivo, ma non è successo, così quello è un problema che ho ancora.

Peter Cameron dona a James una voce matura, cinica, fatalista. Il racconto è scanzonato, gli episodi degni di una commedia di Woody Allen. Il contesto in cui vive James è molto lontano da quello di molti di noi. Vive a New York, è ricco, quando gli va lavora alla galleria d’arte della madre. Lei è all’ennesimo matrimonio rovinato già durante il viaggio di nozze, il padre è un facoltoso avvocato che ricorre alla chirurgia estetica per andare incontro alle sue insicurezze. Ha una sorella, alternativa, innamorata e fidanzata con il suo “anziano” professore. James ci regala il suo personale racconto senza peli sulla lingua, senza fare sconti a nessuno, né agli altri né a se stesso. È estremamente sincero e vomita i suoi pensieri, facendone dono solo al lettore perché mai li avrebbe condivisi con altre persone, sono la cosa più intima che abbiamo, i pensieri sono miei e basta. Non ha vergona di raccontare il perché ha fatto quello scherzo terribile all’unico “amico” con il quale parla volentieri, o perché ha dato di matto durante una gita scolastica (evento che funge da filo conduttore della storia). James non ha vergogna di dirci che rinchiuso in quel bagno, a piangere, ha desiderato di non essere vivo.

Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron ha tutti i requisiti per essere un cult – già lo è -, ma sono anche consapevole che non tutti potranno amarlo, perché James è cinico, spocchioso, quando può tira in ballo personaggi letterari e scrittori vari, quasi per darsi un tono, è irriverente, risponde a modo a chiunque voglia solo provare a entrare nella sua testa. Smorza ogni possibilità di contatto. Se lo ami, però, vorrai sottolineare ogni pagina, ogni filosofeggiare di James, vorresti abbracciarlo perché James sei tu, sei capito, qualcuno ha scritto degli agnelli infelici e impauriti. Finalmente qualcuno ti spiega che le persone che fanno solo belle esperienze non sono molto interessanti, che godersi i momenti felici è facile – non che la felicità sia necessariamente semplice -, che non bisogna lasciarsi abbattere dai momenti brutti, ma bisogna considerarli come un dono, un dono crudele, ma pur sempre un dono, e che un giorno tutto questo dolore, probabilmente, ti sarà utile.

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